Omelia_ 13 Giugno_ XI Domenica Tempo Ordinario – S. Antonio da Padova

La preghiera che introduce la liturgia della Parola è l’invocazione che il fedele rivolge a Dio; cosa esprime: che Dio è fortezza di chi spera il Lui, chiede che ascolti con bontà le invocazioni che gli rivolge, chiede il suo aiuto perché è consapevole della propria debolezza, di soccorrerlo sempre con la sua grazia. “Perché fedeli ai comandamenti possiamo piacerti”. L’ultima espressione è molto bella perché rivela come possiamo piacere a Dio, questo può essere se saremo fedeli alla Sua Parola e alla legge donata a Mosè sul Monte Sinai. Ricordiamo oggi la memoria liturgica di S. Antonio di Padova; il nome ricevuto nel battesimo era Fernando e non era nato a Padova, ma a Lisbona in Portogallo. Raggiunta l’età di quindici anni il giovane prova un desiderio intenso di contemplazione, entra nei Canonici Regolari nel convento di San Vincenzo poco lontano da Lisbona. A venticinque anni Fernando incontra i frati inviati da Francesco di Assisi per la predicazione, lascia l’abito dei Canonici Agostiniani e indossa il saio francescano cambiando il nome da Fernando ad Antonio “uomo tonante”. Il desiderio di Antonio è solo uno: “Donare tutto il sangue al Dio immenso che per noi ha versato tutto il suo”. A ventisette anni troviamo Antonio a Montepaolo e in quella solitudine potrà dire: “Oh beata solitudine, oh sola solitudine, oh silenzio, grande silenzio”. In quel luogo Antonio, nella preghiera silenziosa potrà dire: “L’anima fedele, colomba che si annida nella cavità della caverna….vi trova rifugio contro lo sparviero che la minaccia”. Da quel momento inizia la via, la strada che Dio gli indicherà per la salvezza dei fratelli. Il programma di Antonio per la vita cristiana è ripreso dalla prima lettera di San Pietro: “adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Prendiamo anche noi esempio da S. Antonio e poniamo nei nostri cuori Cristo Signore. La liturgia della Parola pone in evidenza la grande bontà di Dio che fa crescere il “ramoscello”, il seme e il granello di senape. La Parola di Dio viene “seminata” nel campo del mondo, ma anche nel terreno della nostra vita personale. È la Parola di Gesù che rende saldo il Regno di Dio che cammina nella storia degli uomini, essa cresce indipendentemente dal volere degli uomini, germoglia, produce lo stelo quindi i grani nella spiga che giunti a maturazione vengono posti nel granaio. Il punto essenziale, non è quello che il contadino fa, ma quel che egli non fa. Egli non si preoccupa di quanto avviene nel terreno, la sua attività si limita ad andare a letto di notte e alzarsi al mattino, il seme germoglia, cresce grazie alla attività della terra in modo spontaneo, così il Regno di Dio avanza irresistibilmente come il seme che il contadino ha gettato nel campo. Un canto liturgico dice: “Il Signore ha messo un seme nella terra del mio giardino, il Signore ha messo un seme nel profondo del mio mattino”. Questo seme è la “Grazia di Dio” che stimola ognuno di noi a crescere nell’amore di Dio e ci stimola ad essere testimoni del Regno senza preoccuparci dei risultati, senza stupirci perchè è Dio che fa crescere il Regno, noi siamo solo dei servi che ascoltano e vivono della Parola del loro Padrone.