MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Voglio ricordare la festa liturgica di questa domenica che accomuna anche il Martirio di San Giovanni Battista figlio di Zaccaria ed Elisabetta. Zaccaria è sacerdote della classe di Abia, ed Elisabetta, sua moglie, è pure lei di provenienza sacerdotale; è una discendente di Aronne. In Giovanni l’intero sacerdozio dell’Antica Alleanza diventa una grande profezia su Gesù. La preghiera della “Colletta” che introduce la liturgia della Parola è una “preghiera” di intercessione a Dio Onnipotente; chiediamo “infondi nei nostri cuori l’amore per il tuo nome”, “accresci la nostra dedizione a te”. L’amore verso il nome di Dio passa attraverso la conoscenza di Dio e il libro del Deuteronomio che ascolteremo ci dice che Egli abita in mezzo al suo popolo e si fa trovare da chiunque lo cerchi con cuore umile e puro. La nostra vita è una continua conversione al Dio vivente. È come dicono i Santi l’abbandono totale di sé senza chiedere nulla al Dio della vita, senza che Dio gli anticipi nulla dei suoi disegni sulla sua vita. La seconda richiesta a Dio coinvolge come sempre la nostra risposta di persone: è una chiamata ad accogliere il suo amore. È una chiamata ad aprirci, a dilatarci, per accogliere pienamente il suo amore divino, lasciare che sia il Signore a prendere dimora presso di noi. La prima lettura è tratta dal libro del Deuteronomio: il popolo di Israele entrerà nella terra promessa, Dio chiede “di osservare i comandamenti del Signore”; “li osserverete e metterete in pratica la legge perché sarà la vostra saggezza”. L’osservanza della legge del Signore dona la vita. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci pone Gesù che torna in Galilea e trova il sospetto degli scribi e farisei che erano venuti da Gerusalemme per metterlo alla prova. Una prima domanda riguarda la purificazione che doveva essere eseguita sulle mani prima di mangiare; hanno sentito che Gesù non era del loro stesso orientamento e scaturisce su di lui e i discepoli un giudizio negativo: “è un agitatore contro la legge”. Ma che cosa era propriamente la legge? Non si parla di legge con i Patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, la loro grandezza è nella fede, essi guardano, ascoltano la voce di Dio, la fede è tante volte messa alla prova, ma in essa è cresciuto l loro amore per Dio. Dopo la schiavitù egiziana si è smarrita la libertà della fede e Mosè dona al suo popolo la legge che diventa la via che condurrà Israele a Dio. Essa ordinava le relazioni tra le persone, ordinava il rapporto con Dio: il servizio al tempio, i giorni sacri e le feste. Tutto questo viene stravolto nel tempo e S. Giovanni nel suo Vangelo dice che i sacerdoti davanti a Pilato affermarono: “noi abbiamo una legge e secondo questa legge Egli deve morire”. La legge data da Dio è stravolta, secondo essa il figlio di Dio deve morire. Il sacro che veniva da Dio gli uomini lo hanno reso strumento di perdizione. Il Vangelo che abbiamo letto ci spiega tutto questo e come fosse difficile accogliere la chiamata di Dio. S. Marco ci vuole dire che la società non rende gli uomini migliori o peggiori, sono gli uomini che con le loro risorse dei doni ricevuti da Dio possono rendere il mondo più giusto di come lo hanno trovato. Tutto questo , noi possiamo farlo.